episodio 15. i poveri li avete sempre con voi

in ritardo pazzesco, ri-editato mille volte, tanto che è un venuto un disastro, senza foto. a ‘sto giro ho veramente arrancato. insomma, ‘sta volta è andata cosi. migliorerò…


“Mentre Gesù si trovava a Betània, in casa di Simone il lebbroso, 7 gli si avvicinò una donna con un vaso di alabastro di olio profumato molto prezioso, e glielo versò sul capo mentre stava a mensa. 8 I discepoli vedendo ciò si sdegnarono e dissero: “Perché questo spreco? 9 Lo si poteva vendere a caro prezzo per darlo ai poveri!”. 10 Ma Gesù, accortosene, disse loro: “Perché infastidite questa donna? Essa ha compiuto un`azione buona verso di me. 11 I poveri infatti li avete sempre con voi, me, invece, non sempre mi avete. 12 Versando questo olio sul mio corpo, lo ha fatto in vista della mia sepoltura. 13 In verità vi dico: dovunque sarà predicato questo vangelo, nel mondo intero, sarà detto anche ciò che essa ha fatto, in ricordo di lei” [Matteo 26:6-13]

il segreto è guardare nel nulla davanti a me. è facile perchè non c’è niente da guardare. ho 10 anni e la mia vita è già finita. qui. ogni giorno della mia esistenza, da quando ne abbia memoria, è sempre stato cosi’ e immagino quindi che cosi’ sarà sempre, finchè non morirò. guardare avanti significa guardare il vuoto, il niente. mi serve per non cadere giù quando cammino sulla corda a tre metri di altezza da terra.

E’ una bella giornata, il monsone è passato e c’è un bel sole caldo. Esco di casa per portare il piccolo erede a fare un giretto. Appena apro la porta di casa trovo un uomo in mezzo alla strada. È immobile, per terra, in una pozza di sangue. Accanto a lui la sua bicicletta. Intorno a lui, la gente passa oltre, senza fargli troppo caso. Mi avvicino un po’ spaventato. È vivo, respira. Lo tocco. Ha un taglio sotto l’occhio. Deve essere caduto e aver battuto la faccia. Puzza di alcool. Cerco di scuoterlo un po’ e farlo svegliare. Lo trascino verso il bordo della strada per evitare le macchine. Cerco di fare la stessa cosa con la sua bicicletta. Una donna si affaccia alla finestra. Penso: “finalmente, qualcuno mi aiuterà, questo qui manco parlerà inglese, di sicuro”. Ma la donna alla finestra si lmita a dire: “non ti mettere davanti al mio garage che ci deve passare la macchina”. Qualcuno si ferma e mi dice: “non vedi che è ubriaco? Sicuramente si è bevuto tutti i soldi con cui avrebbe dovuto nutrire la sua famiglia”. Dopo un po’ qualcuno mi aiuta. Diamo dell’acqua al tipo che nel frattempo si è un po’ svegliato. Ha perso sangue ma sta bene. Il taglio non è enorme e sembra non ci siano altre conseguenze. Mi convinco che basti cosi’ e scappo.

quando cammino sul filo tutti si fermano a guardare. soprattutto gli stranieri che non sono abituati a vedere una bambina di 10 anni che cammina sospesa in aria. allora mia mamma va in giro a raccogliere qualche spicciolo mentre mio padre suona il tamburo ad un ritmo forsennato. al’inizio ero curiosa di sapere quanti soldi avevamo raccolto ogni giorno. adesso non mi interessa più. quando c’è tanta gente o quando ce n’è poca, alla fine della giornata abbiamo sempre e solo una tazza di riso. non muoriamo di fame. quella tazza non ci è mai mancata e non ci mancherà mai. non mi interessa quanti soldi sta raccogliendo mia mamma, davanti a me c’è il meraviglioso immenso nulla.

Con pietro sulle spalle sto camminando in strada. Canal street, una delle strade principali di Pondicherry che taglia la piccola città lungo un putrido canale di ratti e liquami. Puzza. E’ una delle arterie (tutto è relativo) di scorrimento del traffico. Gli autobus e le macchine sfrecciano veloci. Mentre faccio attenzione a non essere investito, vedo una mucchio di stracci in mezzo alla strada. E’ strano, mi avvicino, e vedo una donna sdraiata a pancia in giù che dal mezzo della carreggiata urla e piange verso il vuoto. Non capisco qual che dice e probabilmente non dice nulla di sensato n nessun lingua, ma è in mezzo alla strada e sta rischiando la vita. Nessuno se ne cura. E’ cosi’, se sta in mezzo alla strada una ragione ci sarà e se ci sta comunque doveva essere che stesse li, quindi perchè preoccuparsi? Non so, non mi preoccupo neanche io. Vado solo in mezzo alla strada e la tolgo dalla traiettoria degli autobus. Già diversi l’hanno scansata, probabilmente nessuno l’avrebbe uccisa, ma a me da fastidio vederla li e pensare che rischia le penne ogni secondo. Mentre urla la sua rabbia viola verso un interlocutore misteriosamente assente. la trascino di peso verso il marciapiede. mi guarda e si getta ai miei piedi con una scena teatrale. decido che non posso fare altro, e scappo.

non ricordo se c’è stato un momento in cui non sapevo ancora camminare sulla corda. forse i miei primi passi li ho mossi proprio qui, a tre metri da terra. adesso posso fare quello che voglio con la corda, davvero non mi costa nulla. è come per voi fare due passi uno dietro l’altro. li fate mille volte nella giornata e non ci fate più caso. io sulla corda cammino avanti, indietro, con il bastone tra le mani, con il bastone retto su una gamba. bendata so anche ballare e, alla fine dello spettacolo, mi inginocchio su un vassoio d’argento che faccio scivolare sulla corda. si, lo so, non ci credete, ma vi assicuro che è tutto vero. se proprio non vi fidate, venite il sabato pomeriggio sul lungmare. sono sempre li.

cerco di non essere fuori casa all’imbrunire perchè l’aria si riempie di zanzare. Stasera è andata cosi’ e siamo ancora fuori quando il sole è già andato giù e sta facendo buio. Passiamo da una stradina secondaria per fare prima a rientrare a casa, dove ci aspetta una doccia rinfrescane e una birra ghiacciata come aperitivo. Girato l’angolo, vediamo il solito mucchio di stracci e mentre ancora sembra solo ciarpame, so già che sotto c’è un essere umano. E’ stradiato per terra nel canaletto di scolo di una fognatura. L’acqua putrida gli scorre in faccia, coperto dalle zanzare in questo poco tempo che resta prima che arrivino I topi. Ha una gamba deforme e non da segni di vita, a parte un respiro pesante. Ci fermiamo contro ogni ragionevolezza e lo tiriamo fuori dal canaletto, seduto contro un muro. Per il tipo non cambia niente, solo la posizione. Se aveva fame prima ce l’ha anche adesso, se era disperato lo sarà anche ora. Non lo so, non si sveglia. Mentre gli siamo accanto si ferma un taxi. Accosta, scende, lo guarda, vede la deformità e sentenzia: “mental”, è ritardato, e se ne va. E’ perfetto. Trovata la spiegazione ci mettiamo il cuore in pace. “mental”. Tutto li. Basta una parola per definire il tipo e tutta la sua esistenza. Come se fosse sempre vissuto li, in quella canaletta fetida. Come se quello fosse il suo posto. il suo posto non è neanche il muro contro cui l’ho sistemato. ma per qualche strana ragione penso che seduto sia una posizione più dignitosa che con la faccia dentro i peggiori liquami della città e, non volendo fare altro, mi convinco che un po’ di dignità sia meglio di nulla. e scappo.

non pensate che sia triste. per me la vita è sempre stata cosi’ e non è poi male stare a tre metri di altezza metre tutti quanti ti stanno a guardare. ho solo i vestiti che indosso e stasera mangerò una tazza di riso. ma quando salgo sulla corda la gente deve alzare la testa per guardarmi. io non ci faccio caso, sento solo il mare e penso a quanto è grande. chissà se sarei capace di camminare anche sull’acqua. un giorno ci proverò, camminerò fino in fondo al molo, mi lascerò cadere dagli scogli e inizierò a camminare sulla cresta delle onde, sospesa dalla schiuma del mare che mi sosterrà come mi sostiene questa piccola corda tesa. sarà lo spettacolo più bello che abbia mai fatto, e sarà solo per me e per il mare.

c’è una famiglia di saltimbanchi il sabato pomeriggio sul lungomare affollato. Babbo, mamma e 1 figlia. Si portano in spalla i loro poveri attrezzi per imbastire uno spettacolino che attiri un po’ l’attenzione. L’attrazione è la bimba, meno di 10 anni, che cammina su una fune a tre metri di altezza senza protezione. Cammina davvero sulla corda, in senso molto stretto. Anzi, non solo cammina ma va in ginocchioni, con una gamba sola, con un bastone per l’equilibrio tenuto tra le mani, con lo stesso bastone tenuto tra i piedi. Ha un viso antico mentre cammina concentrata. Non guarda la fune, non guarda sotto. Forse ha solo gli occhi aperti ma non guarda nulla. Il padre suona la musica mentre la madre raccoglie un po’ di denaro. li guardo un attimo, la donna si avvicina per chiedere una moneta. non so quanto dargli, decido che 5 rupie possono bastare, e scappo.

i poveri li abbiamo sempre con noi, maledizione. Sono li fuori. Neanche ci aspettano. Semplicemente stanno li. Stanno li, sdraiati sul marciapiede, in mezzo alla strada, sotto la pioggia, privi di sensi in una pozza di sangue. Ma stanno anche li e basta, senza fare nulla di speciale. Anzi, la maggior parte del tempo stanno solo li a guardare. Mi guardano, non smettono di guardarmi mentre cammino sulla mia corda fragile. Io tengo lo sguardo avanti, per non perdere l’equilibrio e cadere. Poi decido che per oggi lo spettacolo può bastare, e scappo.

4 thoughts on “episodio 15. i poveri li avete sempre con voi

  1. Ascolto il tuo episodio oggi.. con molto ritardo ma e` il bello del podcast giusto.
    Ascolto il tuo episodio e rimango senza parole… e alla fine posso fare una sola cosa… e scappo.

  2. caro andrea, i tuoi commenti mi fanno sempre molto piacere. anzi, confesso che il piacere del podcast come hai detto tu stesso in un tuo episodio, è proprio quello di sapere che ci sono delle persone belle che ti ascoltano. un saluto.

  3. Come solgo, quando nei giorni d’estate corro per la spiaggia che mi bacia le persiane: vorrei raccogliere una coppa di sabbia, con le mani, tra la rena che piastrella il bagnasciuga, e porla al lato. E nell’insalatiera di granelli convessi, imprimere di polpastrelli, a che’ la polla d’acquadimare ne dòmini di fresco. / Questa emozione ti dedico, di cuore. Di piu’ non posso e, a pensarci, forse manco serve. Nulla al cospetto sarebbe, dedicato a te, a lode di questo episodio e del bouquet dei tuoi altri che fanno di racconto poesia.
    -Morgan

  4. caro morgan,
    chiunque tu sia (un esploratore di umane memorie sotto la terra?), i tuoi commenti mi raggiungono nell’afa della notte indiana, un istante prima di morfeo, lasciandomi una pace profonda che mi accompagnerà fino al mattino. p.

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