Riforma della cooperazione italiana

L’attesa riforma della legge sulla Cooperazione allo Sviluppo arriverà oggi in Consiglio dei Ministri.

E’ indubbiamente un buon risultato da salutare con soddisfazione. La legge attualmente invigore, la 49/87, è ormai obsoleta da tutti i punti di vista. Basterebbe dire che al momento dell’approvazione di quella legge esisteva ancora il Muro di Berlino per rendere l’idea di quanto necessaria fosse una riforma. Quasi 30 anni di anzianità sono troppi per una norma che regola un settore in così profondo e rapido mutamento.

Le ONG italiane hanno partecipato da sempre al processo di revisione della legge, con proposte e raccomandazioni ai diversi interlocutori politici che in questi decenni si sono susseguiti. Nella scorsa legislature si era arrivati molto vicini ad una riforma portata avanti dal parlamento sulla base della proposta bi-partisan Tonini (PD) Mantica (PDL).
Il governo Letta ha ripreso in mano la riforma per arrivare ad una proposta preparata per il governo dal sottosegretario Pistelli.

Le ONG hanno espresso le proprie popsizioni in una lettera aperta pubblicata  recentemente, lettera nella quale sono stati identificati 8 punti principali. Aspettiamo il testo definitivo della riforma per valutare se queste posizioni siano state recepite o meno e in che misura.

Questo risultato mostra chiaramente che la cooperazione non è un lusso da ricchi (che quindi si fa solo quando stiamo bene) ma un’esigenza dettata dalle moderne dinamiche relazionali tra paesi: “io coopero quindi sono”. Non è un caso che il nuovo Ministero degli Affari Esteri si chiamerà Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Una cooperazione forte per uno stato moderno è importante tanto quanto un’economia
in crescita e tanto (o forse più) di un esercito potente.