episodio 2. marocco-albania: 1-1

9 luglio 2006

finale dei mondiali, 9 luglio 2006, due squadre si confrontano sul campo di calcio. fuori, popoli e nazioni che guardano e fanno il tifo arrivando ad immedesimarsi con una parte o con l’altra a seconda della propria storia, del proprio passato. c’è una specie di finale globale, giocata nello stadio europa. sugli spalti, dall’altra sponda del mediterraneo, le tifoserie si dividono, e giocano un altro match. finale dei mondiali di calcio, 9 luglio 2006: albania – marocco, 1-1.

impossibile non parlare dei mondiali, anche per uno come me a cui del calcio interessa poco e quel poco è principalmente dato dalle vicende della cosiddetta “calciopoli”. (che poi non ho mai capito perchè ci si accanisce con questo “tangentopoli, calciopoli, finanziopoli” come se si dovesse specificare che lo scandalo si limita ad un solo settore mentre invece è esteso a tutto il paese, la nostra bella “italiopoli”). ma non perdiamo subito il filo, dicevo dei mondiali. si, anche io ho visto la finale. e sono stato felice del risultato. niente contro i francesi, per carità. ho molti amici che hanno questo problema (di essere francesi) e non mi crea difficoltà relazionarmi a loro. tuttavia nei giorni prima della partita me ne sono sentite dire di tutti i colori. da “vi faremo un culo così” a “mi spiace ma perderete di sicuro”. insomma, un continuo stillicidio di acidità e spacconate di ogni genere, come se in campo ci fossimo dovuti andare io e loro e avessimo dovuto galvanizzarci per faci coraggio. io, antipatriottico per DNA, rispondevo: “beh, si. in effetti è facile che perdiamo, non abbiamo vinto molto negli ultimi tempi”.

vivo in un paese, il marocco, che dai francesi è stato colonizzato. adesso non sta più bene parlare di colonie. non che i francesi se ne siano andati, anzi. l’ambasciata a rabat è la più grande rappresentanza diplomatica francese del mondo, con diverse centinaia di dipendenti. non solo, ma i legami tra lo stato marocchino e quello francese sono, da generazioni, strettissimi, affettuosi, familiari quasi incestuosi. pare che il defunto re Hassan II durante la sua ultima missione ufficiale a parigi prima di morire abbia chisto al presidente chirac di “vegliare personalmente sui suoi figli”. non sul suo paese, sui suoi figli. ma non è in queste affetuosità diplomatiche che si esercita il nuovo colonialismo. oggi ci sono strumenti molto più efficaci e più sottili, che vanno anche oltre la dominazione economica. ne siamo coinvolti tutti, anche la cosiddetta società civile, le ONG, ma questo è un discorso che porta lontano e forse sarà l’oggetto di un’altra puntata di podkasbaht. strumenti del nuovo colonialismo, dicevamo. uno di questi strumenti è il calcio. intendiamoci, non il calcio vero, quello che si gioca scalzi con un pallone stracciato in mezzo alla strada o in un campetto polveroso, ma il calcio finto, quello di calciopoli (che non è un fenomeno solo italiano), quello dei diritti televisivi delle partite negate a chi non ha soldi, quello del rincoglionimento mediatico globale per cui in un angolo remoto del marocco capita di incontrare qualcuno che non sa leggere ne scrivere, non conosce i propri diritti, ma sa a memoria la formazione dell’italia ai mondiali dell’82! e come dargli torto? quando si ha poco o nulla, ci si identifica almeno in qualcuno che vince. e così capita che nei paesi africani si trovino veri e propri fan-club della squadra francese. non semplici simpatizzanti, ma tifosi veri. si dirà che è un risultato della multiculturalità della nazionale francese. non so. fatto sta che alla vigilia della finale francia-italia ai mondiali del 2006, capita di sentire cose come questa

[zidane]

non male, eh? beh, io, al sentire che mamma africa si schierava in toto con la francia, non ce l’ho fatta più e ho deciso che la finale me la serei andata a vedere in una ex-colonia italiana: l’albania. ovvia, così vediamo un po’ se riesco a circondarmi di gente non-italiana che tifa italia.

come è andata a finire la partita lo sanno anche i sassi (a propositiodi rincoglionimento mediatico globale), quindi non vale la pena raccontarlo. però come erano le strade di tirana la notte del 9 luglio forse non sono in molti ad averle viste e sentite. si inizia dal momento in cui cannavaro solleva la coppa, immortalato dalla televisione albanese, per poi scendere in strada in mezzo alla gente. giusto una nota: i colpi che si sentono sono (quasi tutti) di fuochi d’artificio.

la scena più bella, purtroppo può essere solo raccontata: in piazza skanderberg, la piazza principale di tirana, arrampicati sulla statua dell’eroe nazionale albanese, poliziotti italiani non in servizio sventolano un’italica bandiera che si staglia nel buio della notte, contro la bella moschea albanese, nell’entusiasmo generale dal quale, ammetto, non mi smarco. il nuovo colonialismo è veramente perfido.